a cura di Alfredo Martini pubblicato su “Il Gazzettino” del 1° giugno 2021
Secondo Gabriella Chiellino, presidente del Gruppo eAmbiente, società di progettazione e consulenza ambientale, «ciò di cui c’è bisogno oggi per restituire a Venezia una identità contemporanea un nuovo posizionamento che poggi su una visione fondata sulla sua storia e sulle sue risorse, proiettata su un futuro che non può che essere caratterizzato dai nuovi paradigmi della sostenibilità e dell’innovazione».
A detta di Chiellino, quindi, per rilanciare Venezia dopo la pandemia è essenziale affermare una nuova visione che valorizzi le grandi potenzialità esistenti, rilanciando un’economia basata sulle risorse disponibili e sulla sua storia.
«Fino a ieri la visione dominante, il riferimento per la maggior parte delle persone, è stato il turismo. Al centro quindi Venezia città d’arte e tutto il resto a supporto. In questa visione, ad esempio, il territorio è sempre stato considerato come una periferia. Ecco che invece va assolutamente superata questa dicotomia tra Venezia e il resto del territorio, ricomponendo il quadro e affidando a ciascun elemento il suo valore.
Così facendo si pongono le basi per una visione nuova e fondata sulla concretezza dell’interazione virtuosa tra storia, economia, cultura e socialità. Questa Venezia, con questa dimensione, dove rientrano Mestre e la terraferma, la città storica e la laguna, si caratterizza come uno straordinario laboratorio a cielo aperto.
Così intesa, Venezia assume la caratteristica di città unica, dove si incontrano non solo storia e arte, ma anche il mare e le sue cento e più isole, con un porto tra i maggiori del Paese, un’agricoltura urbana fatta di splendidi orti e il parco più grande d’Europa, quello di San Giuliano.
Una città altresì industriale e moderna, con un’area come Marghera tra le più grandi d’Italia, le cui potenzialità restano ancora in gran parte da rivitalizzare. Con un aeroporto e una collocazione geografica sempre più strategica. In sintesi, ci sono tutte le condizioni per un rilancio. Cos’è allora che manca? A mio parere ci vuole una visione fondata su un progetto che veda Venezia come uno dei laboratori della transizione sostenibile.
Uno dei maggiori al mondo. Ciò significa avere una visione ampia, multidisciplinare, articolata e non monotematica, basata su un solo fattore dominante, che sia esso il turismo o l’industria energetica.
Deve essere un luogo complesso e ricco di creatività, rafforzando la propria identità internazionale. I cittadini dovrebbero prenderla in affido, occuparsi di lei. Io non credo in un progetto che abbia al centro un’idea di espansione o di sviluppo economico tout court, né del resto neppure una città immobile come una bella signora da venire a visitare».
Lei ha accennato a Marghera. Quale futuro vede?
«La crisi del turismo sta rimescolando le carte e rimette in gioco le potenzialità di Marghera, così come, grazie al funzionamento del Mose, si riaprono nuove possibilità rispetto all’attrattività di Venezia e al ruolo del porto.
Marghera nell’ambito di un nuovo progetto potrebbe svolgere un ruolo di incubatore della transizione ecologica. Del resto il processo è già iniziato: penso alla realizzazione del serbatoio di gas propano liquido, all’idrogeno. Ma è necessario che si guardi a questi progetti come a dei rami di un unico albero.
Dobbiamo darci una governance partendo dalla conoscenza di ciò che esiste e quindi delle condizioni delle aziende attualmente attive, per poi ipotizzare ciò che potrebbe diventare innovativo in una prospettiva di transizione che metta al centro la sostenibilità. Dall’altra parte diventa urgente lavorare intorno a uno sviluppo delle connessioni, il che vuol dire infrastrutture, ma anche reti di competenze».
Quello che propone è un diverso approccio, di tipo culturale, ma anche meno orientato a interessi economici di breve periodo?
«È essenziale che si facciamo scelte open mind, a mente aperta e libera, lasciando scorrere la fantasia, guardando oltre il micro-orizzonte della quotidianità e del vantaggio di breve periodo. Sono molti gli ambiti su cui puntare tenendo presenti le specificità del nostro territorio. Una visione che sappia tenere insieme una molteplicità di elementi. Abbiamo nel dna non solo la storia, ma anche l’innovazione.
Oggi l’innovazione è la sostenibilità, e non c’è nulla di più sostenibile di Venezia. Questo modello deve diventare trainante anche per Marghera e per Mestre. Dobbiamo lavorare perché non si perda quello che c’era, ma anche per andare avanti. Sono molti gli ambiti su cui puntare tenendo presenti le specificità del nostro territorio. Penso ad esempio a un grande progetto sulle tecnologie legate all’acqua, ma anche all’economia circolare.
Essenziale è poi guardare a Venezia come a un laboratorio sociale, mettendo a valore le caratteristiche di un luogo che la sostenibilità l’ha insita nel suo essere com’è, nella sua identità di città totalmente pedonale, nella sua bellezza.
E allora mettiamo a valore questo momento straordinario dove muoversi non è più così essenziale, dove le tecnologie ci consentono di lavorare a distanza scegliendo dove stare. Creiamo le condizioni per attrarre e portare a Venezia le migliori menti internazionali. Perché un laboratorio all’aperto deve poter contare sulle migliori competenze. Cambiamo la politica degli incentivi dove il rating non è basato sulla ricchezza o sulla liquidità finanziaria, bensì sulla qualità delle idee. Sviluppiamo progetti in grado di favorire la creazione di reti intergenerazionali, lo scambio tra giovani e anziani. Dobbiamo comunicare che Venezia è un luogo dove sognare».
Mi piace molto la sua idea che il futuro di Venezia dipenda molto dai suoi cittadini. Quali dovrebbero essere le priorità su cui concentrarsi e da cui partire per mirare a un modello di sviluppo diverso?
«Alla luce del mio impegno trentennale nel settore ambientale sono preoccupata della sottovalutazione di alcuni rischi che potrebbero avere effetti negativi sul futuro di Venezia, intesa come città integrata con Mestre e i relativi territori. Sono convinta che al centro di qualunque nuova visione futura vada posta la difesa della laguna attraverso un grande progetto di salvaguardia del microsistema paesaggistico oggi in pericolo di fronte ai cambiamenti climatici e agli attuali livelli di inquinamento. Egualmente, si deve puntare sulla valorizzazione del waterfront.
E anche in questo caso disinquinamento, bonifica e ripristino di condizioni ambientali sono la base per costruire una nuova economia verde, mettendo a sistema processi in parte già iniziati, ma che debbono essere inseriti in una visione più ampia».