Pubblicato su “Il Gazzettino” del 19 giugno 2021
a cura di Alfredo Martini
Forse non c’è nessuna città europea che possa vantare un’influenza sull’Oriente come Venezia. Come sottolinea Tiziana Lippiello, prima rettrice di un’università del Veneto in molte città della Cina e non solo è possibile ancora oggi restare colpiti dalle ricorrenti statue di Marco Polo.
Grande conoscitrice della Cina e dell’Oriente considera il suo nuovo impegno una sfida per fare di Venezia una grande città universitaria internazionale. Una sfida che potrebbe, se vinta, contribuire a restituire un nuovo equilibrio all’attuale modello economico della città.
«Il progetto di Ance Venezia mi ha colpito subito. Questo riferimento forte allo stretto rapporto tra terra e acqua mi ha fatto immediatamente pensare alla cosmogonia cinese che è fondata su cinque elementi: oltre alla terra e all’acqua, il legno, il metallo e il fuoco. E almeno quattro sono alla base della storia della nostra città. Per cui sono molto onorata di condividere una riflessione sul futuro di questo territorio. E a questo proposito io credo che non si possa non iniziare da quanto è avvenuto, anche nella nostra città, in seguito all’esplosione della pandemia. Stiamo vivendo una crisi profonda che riguarda il rapporto tra l’uomo e la natura e che determina effetti rilevanti anche nella relazione tra l’individuo e la società. Ed è, quindi, in questo contesto, che dobbiamo collocare le prospettive anche di una città come Venezia. Come? Guardando ad esempio alla rilevanza assunta dalle tecnologie digitali che ci hanno consentito di salvaguardare un sistema di relazioni lavorative e sociali, altrimenti messe a rischio dall’isolamento. Certo la pandemia sta determinando disagi e sofferenze che in molti casi pesano moltissimo, anche in termini di relazioni personali, di vicinanza, di affettività, che debbono farci riflettere e spronarci a rimettere al centro l’uomo nella sua stretta interazione con gli altri. Diventa importante avere la consapevolezza che va ricercato un nuovo equilibrio, abituandoci a vivere con questi cambiamenti. E del resto Venezia situazioni simili le ha vissute in passato trovando dalle crisi nuova linfa, nuovo coraggio e nuove soluzioni per rinascere più forte di prima. Ognuno deve fare la sua parte, dando il proprio contributo e partecipando a un progetto comune».
Non c’è dubbio che in seguito alla diffusione del Covid19 stiano cambiando gli stessi paradigmi a cui fare riferimento per costruire delle visioni diverse da quelle del passato, per trovare nuovi modelli di sviluppo. Per quanto riguarda Venezia viene subito alla mente la necessità di limitare gli effetti di un turismo di massa che sta soffocando la città storica. Qual è il suo pensiero e quali le possibili soluzioni?
«Credo che uno degli effetti positivi di questa crisi sanitaria sia proprio quella di avere fatto risaltare alla massima potenza le criticità di un turismo come quello che ha caratterizzato Venezia e che ha condizionato negativamente il benessere stesso della città e dei suoi abitanti. Sarà inevitabile un suo ridimensionamento, senza ovviamente demonizzare un settore economico fondamentale, dobbiamo pensare e operare per favorire un turismo basato sulla cultura e l’arte, puntando su fattori come il commercio internazionale, la sostenibilità ambientale, sociale ed economica. Sotto questo punto di vista è utile ricordare come la nostra università sia da sempre fortemente integrata con la storia e la tradizione di Venezia. Essa nasce come scuola di commercio internazionale, rivolta soprattutto verso l’Asia, sulle tracce di Marco Polo e di tanti viaggiatori e commercianti, e dunque accanto alle discipline economiche si è sviluppata un’eccellenza per quanto riguarda l’insegnamento delle lingue e culture di tutto il mondo. Quel che oggi dobbiamo fare è riprendere la nostra tradizione e aggiungere innovazione, mettendo al centro la sostenibilità per preservare questa città e renderla innovativa, utilizzando e valorizzando al meglio le nostre vocazioni e le risorse che abbiamo. E lo dobbiamo fare cambiando la nostra prospettiva, superando la distinzione tra città e terraferma, ragionando a dimensione metropolitana, sapendo integrare le potenzialità delle diverse componenti territoriali, paesaggistiche, economiche e culturali. Dobbiamo presentarci come un’eccellenza da esportare in tutto il mondo. Il contributo della nostra università può essere rilevante attraverso importanti e numerosi progetti, quali ad esempio la finanza verde, la transizione ecologica, le sfide ambientali, lo studio e il confronto con le culture del mondo. Siamo in grado di essere una vera e propria piattaforma da mettere disposizione di quell’ecosistema che si è conservato mirabilmente nel corso del tempo e al quale dobbiamo assicurare continuità, alimentando e aggiornando quello che nel mondo è considerato un unicum».
Come riproporre una centralità di Venezia nel nuovo scenario delle relazioni economiche internazionali?
«È fondamentale valorizzare, come dicevo prima, le nostre risorse: il litorale, la laguna, il patrimonio storico monumentale, ma anche il paesaggio. Tutti elementi che contribuiscono a caratterizzare i luoghi per la loro bellezza, per la qualità della vita e per il benessere che garantiscono. E che tutti ci invidiano. Così come. In particolare in Oriente, guardano con grande attenzione e studiano modelli come quello delle nostre piccole e medie imprese. È in questa prospettiva che dobbiamo migliorare la nostra offerta di servizi rifacendoci alle tradizioni commerciali e rilanciando il nostro sistema portuale, in una logica di squadra e di sistema».
Quale può essere il contributo dell’università nel modificare il modello economico di Venezia e del suo territorio?
«È essenziale mettere a disposizione tutte le potenzialità della nostra università. Sento come principale missione quella di contribuire alla crescita di Venezia come città universitaria internazionale, un’eccellenza europea. Ma per vincere la sfida è essenziale mettere a disposizione una varietà di servizi anche innovativi intervenendo sulla stessa composizione sociale ed economica. Per fare questo ci vuole una forte integrazione tra le università e chi governa la città. Possiamo contribuire a una rigenerazione urbana di Venezia puntando su un nuovo Social Housing per portare studenti da tutto il mondo e per modificare la composizione della domanda turistica e di fruizione della città e del territorio. In questo modo cambieremo il concetto di turismo, non avremo più i turisti mordi e fuggi, ma le famiglie e le reti relazionali di studenti e docenti che guarderebbero alla città in un modo completamente diverso, tornando a mettere al centro lo studio e la storia di questa città e non un suo consumo veloce. Del resto Venezia per il mondo è sempre un sogno».