Salmistrari: «Così possiamo costruire una Venezia nuova»

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In occasione dell’anniversario dell’associazione il presidente dei costruttori apre un dibattito in città «Lavoro, innovazione, meno burocrazia, lotta all’illegalità e ambiente. Queste le linee guida»
Pubblicato su “Il Gazzettino” del 10 maggio 2021
di Raffaella Vittadello

Se l’associazione dei Costruttori edili in Italia festeggia 75 anni, a Venezia ne festeggia 75 più uno Covid, come l’ha definito Giovanni Salmistrari, attuale presidente dell’associazione lagunare (lo è stato anche dal 2000 al 2006) e consigliere ininterrottamente dal 1994.

Un anniversario che nel 2020 non è stato possibile celebrare a causa delle restrizioni imposte dalla pandemia, ma che è occasione per riflettere sul futuro del settore e dell’intera città metropolitana, che assomma territori con caratteristiche molto diverse. Per questo l’associazione ha deciso di aprire un dialogo con il mondo culturale locale, coinvolgendo i rettori di Ca’ Foscari e Iuav, Tiziana Lippiello e Alberto Ferlenga, docenti universitari del calibro di Paolo Costa ed Ezio Micelli, ma anche con il sindaco referente per i comuni del litorale Pasqualino Codognotto per intavolare un confronto sul futuro dell’area metropolitana veneziana, da ripensare, a partire dal capoluogo.
 
Presidente, quale è il primo obiettivo che si deve porre Venezia post-pandemia?
«Il tema più urgente da risolvere, e su cui la riflessione è più stimolante, è quella del lavoro, che viene ancora prima della residenza. Bisogna puntare sulla tecnologia, sull’immateriale, sui trasporti. Se creiamo lavoro, ben retribuito, risolviamo il problema dello spopolamento. Abbiamo imparato che si può lavorare anche da casa, in questa città bellissima, ma considerata da chi non ci è nato lenta e spesso scomoda. Se attraiamo lavoratori, i lavoratori cercheranno casa e troveremo anche chi è disposto ad affittare loro un appartamento, a un prezzo ragionevole per entrambi. Ad esempio il Comune potrebbe dare in comodato un palazzo a qualche grande multinazionale dell’immateriale a patto dell’impegno a creare un certo numero di posti di lavoro. Venezia ne trarrebbe sicuramente vantaggio. Una grande sfida sarà l’ambiente, il cambiamento climatico che ci ha mostrato l’importanza e la validità del Mose che con le sue alzate imporrà una riflessione sul porto e sulle opere marittime per il nuovo porto ma non solo bisognerà pensare a tutto il litorale da Chioggia a San Michele al Tagliamento».

Questo discorso vale per il futuro. Ma celebrate anche un anniversario. Come è cambiata la professione del costruttore in questi tre quarti di secolo?
«È cambiato il mondo, non solo la professione. Mi chiedo fra dieci anni chi ci sarà a costruire le strade e le case a restaurare chiese e palazzi. L’età media dei muratori è già elevata, manca un ricambio generazionale: è un mestiere appassionante, ma anche molto duro, sempre all’aperto, dove la meccanizzazione e la tecnologia non sono penetrate tanto quanto nell’industria. Se si esclude l’impiego di materiali prefabbricati, che si possono utilizzare solo in alcuni specifici cantieri. Così il peso della manodopera è ancora preponderante e le richieste sono sempre più esigenti, sia da parte della clientela, sia dal punto di vista burocratico».
 
Perché fate così fatica a trovare manodopera?
«Il contratto base è di 1200 euro al mese, ma può salire molto nel caso dei capi cantiere, che coordinano le squadre con grande competenza, e arrivare anche a 2000 euro. Il problema è che a livello contributivo un’azienda paga più di una volta e mezza rispetto al netto che percepisce il lavoratore, l’importo è molto più alto rispetto agli altri settori perché sono previste molte tutele in più, come la cassa edile, che garantisce la retribuzione anche nei casi di fermo cantiere. Ma sono pochi i giovani che si avvicinano a questo mestiere, oggi tutti preferiscono studiare, sono meno abituati alla fatica fisica e anche chi sarebbe disponibile a reinventarsi, come la crisi ha imposto ormai in tanti ambiti, non riesce per colpa della burocrazia. Se è in cassa integrazione alle dipendenze di un’ azienda di un altro settore, ad esempio, non può frequentare una scuola edile. Lo trovo un paradosso, perché invece di incentivare il lavoro, si incentiva l’inerzia. E così capita che uno preferisca percepire ammortizzatori sociali o reddito di cittadinanza piuttosto che mettersi in gioco con un nuovo lavoro».
 
Insomma, sempre una questione di burocrazia, un peso sempre maggiore in Italia
«Sì, ormai parliamo di edilizia 4.0, tutte le imprese si sono dovute strutturare in maniera diversa, o comunque devono essere affiancate da altri professionisti per l’osservanza di tutte le normative cui si è sottoposti, tra l’altro in costante aggiornamento. Un onere che pesa quanto – se non di più – del valore del lavoro stesso. Basti pensare all’erogazione dei bonus e superbonus: la complessità delle procedure finisce spesso per scoraggiare i clienti. Misure ipotizzate per migliorare i centri storici, va a finire che sono praticabili più nelle periferie che non nei centri, zone vincolate. A Venezia e nelle città d’arte siamo riusciti, grazie a un accordo con gli ordini degli ingegneri e degli architetti, a ottenere comunque le agevolazioni con una ristrutturazione che preveda anche solo con il rifacimento dell’intonaco e non necessariamente realizzazione del cappotto esterno imposta per raggiungere il doppio salto di classe energetica, in alcuni casi impossibile a meno di non intervenire dall’interno. Comunque ci auguriamo che questi bonus tutti siano prorogati, ma non come di consueto all’ultimo minuto perché rappresentano una grande opportunità per un settore tradizionalmente trainante per l’economia. Ma è necessaria una programmazione sia da parte dei committenti che delle aziende».
 
Trainante ma anche a rischio di infiltrazioni di illegalità. Come la combattete?
«Sì, purtroppo paghiamo lo scotto di un’immagine che vede il costruttore nella veste di corruttore o in cui si può infiltrare l’illecito. Sono andato a deporre anch’io in una delle recenti audizioni della commissione antimafia per i fatti di Eraclea, anche se tra i nostri associati non abbiamo ricevuto segnalazioni. Però bisogna vigilare e captare i segnali, gli strumenti ci sarebbero: se le banche erogassero il credito con tempestività quando le aziende sane, ma in difficoltà, lo richiedono, si eviterebbero circostanze imbarazzanti, che possono portare alla disperazione. La crisi di liquidità, purtroppo, può essere la breccia in cui la malavita penetra: l’ultima spiaggia di chi non sa più a che porta bussare. Comunque l’avvicinarsi della fine della pandemia ci autorizza a sperare in una forte ripresa di tutta l’ area metropolitana e a festeggiare al più presto in presenza i nostri 75 anni + 1 di covid con l’apertura al pubblico della nostra sede di palazzo Sandi per ammirare l’ affresco del Tiepolo appena restaurato».

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