pubblicato su “Il Gazzettino” del 3 luglio 2021
a cura di Alfredo Martini
«Per avere una visione del futuro di una città è essenziale partire da ciò che essa è veramente. E allora se parliamo di Venezia dobbiamo superare l’immagine stereotipata che ci continua ad essere proposta e diventare consapevoli del processo di trasformazione in corso, che la sta facendo diventare una città metropolitana, non diversa da altre metropoli europee».
Per Bruno Barel avvocato, ma anche molto altro, studioso di diritto europeo e capace di costruire letture originali e prospettiche, sempre fortemente radicate in una realtà molto concreta – se si vuole ragionare sul futuro di Venezia è necessario cambiare prospettiva.
«Venezia è un organismo vivente che ha sempre saputo adeguarsi al cambiamento. È così fin dalle sue origini. Era un’isola, ha poi generato una costellazione di isole, che sono diventate un sistema lagunare difeso perfino con spostamenti del corso di fiumi. Ha generato poi un litorale intessuto di insediamenti, a cominciare da Mestre, campagne presidiate da ville, uno straordinario caleidoscopio di paesaggi, urbani, marini, lagunari, rurali. Nel Novecento Venezia si è dotata di uno dei più grandi poli industriali d’Europa, creando forse il primo distretto specializzato nella chimica, di due importanti stazioni ferroviarie, del terzo aeroporto d’Italia, di due porti, mercantile e turistico, che sono il perno di un ventaglio di autostrade verso l’Europa. Venezia piano piano è diventata un organismo a dimensione metropolitana in posizione strategica fra Mediterraneo ed Europa. E così si è arricchita di molte identità, ciascuna delle quali oggi è a pieno titolo costitutiva della Città metropolitana e rappresenta una risorsa strategica per il futuro».
Che ruolo e che rilevanza hanno in questo scenario Mestre e Marghera?
«Mestre da insieme urbano cresciuto disordinatamente senza una forte identità si sta trasformando in una città moderna e vitale, sia sul piano urbanistico ed architettonico che su quello economico e sociale e culturale. E ha saputo farlo senza perdere il cordone ombelicale con il centro storico, senza tradire la propria madre e abbandonarla ad un destino di museo a cielo aperto, sprigionando invece energie nuove per strutturare una Città metropolitana, capace di svolgere funzioni e servizi essenziali per la nuova economia e al tempo stesso di rinnovata attenzione per la cultura e lo sviluppo sostenibile. Tre esempi dicono molto: Mestre è oggi città universitaria, ai bordi di Mestre c’è la testa pensante di Generali Italia, Mestre ha parchi urbani degni di una metropoli europea, come il parco di San Giuliano e presto anche il parco fluviale del Marzenego con una pista ciclabile che collegherà il sito dell’antico castello con le reti ciclabili verso Noale fino a Torino e a nord verso Conegliano fino a Monaco. Insomma, Mestre sta diventando una città giovane, attrattiva, comoda, vicina a tutto. Quanto a Marghera, è il futuro di Venezia, la sfida da vincere. Partiamo dai numeri: sono circa 1800 ettari, di cui un terzo soltanto ancora usati a fini produttivi, ma ormai prevalentemente per attività e servizi avanzati. C’è un leader mondiale come Fincantieri con 3.500 collaboratori, c’è chi fa ricerca e innovazione nel settore della sostenibilità ambientale e della produzione di energia da fonti rinnovabili, come Eni, Veritas, Sapio. Siamo di fronte alla più grande area industriale d’Europa che silenziosamente si sta trasformando. A Marghera c’è Cerealdocks che trasforma il grano in farina in un polo tecnologico automatizzato, c’è One Works, dove formazione e digitalizzazione si intrecciano nel preparare giovani ingeneri ed architetti destinati a lavorare in tutto il mondo. E a pochi metri ci sono la fabbrica e il laboratorio di Golden Goose, l’atelier inventato dai coniugi Gallo, brand di successo mondiale per la produzione di quelle che potremmo definire scarpe che raccontano storie, oggi acquistato da un fondo americano ma dove gli originari inventori continuano a svolgere la loro attività di creativi con una scuola di design. Il tutto in una vecchia fabbrica riqualificata. Il detonatore del futuro di Marghera sarà il nuovo ponte di Rialto, quello in progetto sopra i binari ferroviari della stazione di Mestre, che insieme alla nuova rotonda di accesso stradale a Marghera già in costruzione riunificherà Mestre e Marghera e farà di quest’ultima la Nuova Venezia».
Quel che emerge è un ribollire di iniziative che sembrano tuttavia girare intorno a quello che per molti resta uno dei problemi da risolvere, quello della rivitalizzazione della città storica, una sua rinascita in grado di inserirsi in modo sinergico e svolgendo un ruolo in questo scenario di trasformazione.
«Il centro storico di Venezia è vitalissimo perché conserva e comunica valori che sono preziosi anche per il futuro. Consente a chiunque di vivere un’esperienza unica, di camminare anche senza una meta specifica, di incontrare persone, scambiare sguardi, farsi sorprendere. Tutto appare sempre nuovo e unico. I turisti, come si è visto bene durante la pandemia, sono ormai anch’essi parte vitale di questo straordinario paesaggio urbano. Ma ci sono delle fragilità che devono essere affrontate e gestite. Governare l’acqua, anzitutto, come ha sempre saputo fare nella storia la Serenissima. Cioè far funzionare il Mose, frenare il moto ondoso, allontanare le grandi navi dal bacino di San Marco, pulire periodicamente i canali, alzare le rive, disinquinare la laguna. E poi governare le persone, cioè incentivare la residenza stabile e la permanenza di servizi e attività funzionali ad una comunità. La popolazione residente continua a calare e a invecchiare. Per invertire questo processo è indispensabile attrarre giovani a vivere stabilmente. Per questo servono alloggi dignitosi a prezzi accessibili e centri di ricerca e innovazione di livello internazionale focalizzati su ciò che a Venezia si respira naturalmente da sempre: cultura, bellezza, economia sostenibile, diritti umani. Sul primo versante, farei confluire tutti i beni pubblici in dismissione in un fondo pubblico di social housing, che abbia risorse per acquisire o prendere in locazione anche beni privati o beni di istituzioni religiose da locare a chi lavora nelle isole. Sul secondo, ci sono già segnali incoraggianti. Le Procuratie Vecchie, grazie a Generali stanno tornando ad essere un polo internazionale di cultura e ricerca; a Ca’ Foscari Carlo Bagnoli sta creando un acceleratore di nuove imprese giovani nel settore dell’economia sostenibile; al Lido Cassa Depositi e Prestiti è pronta a realizzare la prima Accademia italiana di formazione del management alberghiero. Ma il centro storico non può essere pensato in modo autoreferenziale. E’ parte integrante di una moderna Città metropolitana, la Grande Venezia, della quale non sarà il museo ma l’anima».